I servizi di ristorazione collettiva, presentando aspetti di impatto ambientale che derivano dal ciclo tipico del “food”, ma anche dalle tematiche di appropriatezza delle diete e di spreco, rappresentano un punto di vista privilegiato per un’analisi più complessiva dei cicli alimentari.
Per questo sono uno dei settori sui quali il Progetto Effige, finanziato dall’Unità LIFE della Commissione Europea e coordinato dalla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, realizza una valutazione dell’impronta ambientale secondo la metodologia europea PEF – Product Environmental Footprint (altri sono fonderie e mobili). Sono partner del progetto, tra gli altri, ENEA e Camst, che rappresenta una delle maggiori strutture di ristorazione collettiva in campo nazionale ed europeo con i suoi 130 milioni di pasti all’anno per scuole, aziende, ospedali, grandi eventi, con la sua presenza anche in Germania, Spagna e Danimarca e nel settore del facility management. Camst si avvale poi della collaborazione di Ecoinnovazione, che, avendo cumulato diverse esperienze nelle applicazioni PEF, la supporta nel calcolo dell’impronta ambientale del servizio di ristorazione delle mense scolastiche.
Nell’ambito della collaborazione in atto con Camst abbiamo voluto sentire, con l’intervista che segue, l’opinione di Francesca Orlando, dell’ufficio sostenibilità del gruppo Camst, sui risultati della prima fase del progetto e sulle successive fasi, ma soprattutto sulle indicazioni concrete che ne derivano per un miglioramento concreto del servizio.
Cosa significa calcolare l’impronta ambientale del servizio di ristorazione scolastica? Perché è importante misurarla?
Calcolare l’impronta ambientale del servizio di ristorazione collettiva significa andare a misurare gli impatti prodotti durante tutto il ciclo di vita del servizio: dalla fase di approvvigionamento delle materie prime (es. cibo, imballaggi), alla fase di elaborazione e produzione dei pasti, la loro distribuzione fino al fine vita di tutti i materiali utilizzati.
E’ noto quanto sia rilevante l’impatto ambientale generato dalla produzione di cibo e per questo Camst si impegna a misurare in maniera sempre più precisa e completa l’impatto ambientale generato dalla fornitura di un menu tipo tenendo in considerazione non solo i propri processi ma anche la filiera di fornitura e tutto ciò che succede a valle della distribuzione.
Solo in questa maniera è possibile individuare interventi di miglioramento con la consapevolezza del proprio peso e rilevanza sull’ambiente, rispetto all’intero ciclo di vita del servizio.
La metodologia adottata è quella europea denominata PEF (Product Environmental Footprint) che permette di calcolare gli impatti attraverso un approccio multicriterio.
Perché adottare la PEF? Quali sono i vantaggi e le difficoltà di questo tipo di studio?
La metodologia PEF nasce dalla volontà di fornire un metodo di analisi, basato sull’approccio ciclo di vita, che tenga in considerazione le caratteristiche di un settore, fornendo delle regole condivise e scientificamente robuste. L’impronta ambientale è misurata tramite un insieme di temi ambientali, di cui i più noti sono il cambiamento climatico e l’impronta idrica, cui si aggiungono anche il consumo di risorse, l’inquinamento dell’atmosfera e delle acque.
All’interno del progetto, è stata sviluppata la prima versione del documento PEFCR per il settore di ristorazione collettiva scolastica.
Questa è stata quindi testata tramite l’applicazione ad un servizio specifico svolto da Camst presso alcune scuole del Comune di Forlì. Sviluppare uno studio PEF significa per l’azienda raccogliere molte informazioni, cosa che è possibile solo tramite il coordinamento tra diverse figure aziendali e i diversi attori della filiera e del servizio. A fronte di questo sforzo iniziale, la PEF si è dimostrata una metodologia utile per calcolare l’impronta ambientale del servizio in maniera rigorosa e precisa. I risultati ottenuti hanno permesso di far accrescere le conoscenze dell’aziende in tema di sostenibilità ambientale, rafforzando le linee strategiche in materia.
Prospettive future del progetto? Quali sono le misure di miglioramento che Camst sta mettendo in campo?
Il progetto si trova adesso nella seconda fase, quella dedicata all’individuazione e valutazione di interventi di miglioramento del
servizio sulla base dei risultati ambientali, tenendo in considerazione la fattibilità economica e organizzativa.
Lo studio ha confermato che la maggior parte degli impatti derivano dalla filiera di approvvigionamento del cibo, tuttavia anche i consumi energetici della cucina e l’uso di stoviglie usa e getta nelle mense comportano un impatto non trascurabile. Per questo, sono state individuate alcune azioni che permetteranno di ridurre gli impatti ambientali del servizio. La prima riguarda l’adozione di stoviglie riutilizzabili in un numero maggiore di mense con il duplice effetto sia di ridurre il consumo di plastica che di rifiuti che andranno a smaltimento. La seconda azione riguarda la riduzione degli sprechi di cibo nelle mense.
Camst è adesso impegnata in un’attività di educazione all’utenza del servizio volta alla prevenzione dello spreco di alimenti nella fase di consumo. Gli sprechi di cibo verranno pesati prima e dopo le attività di sensibilizzazione svolte presso un campione di classi. A fine della prossima primavera avremo quindi i primi risultati.
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